Lo sviluppo del Mezzogiorno è in pericolo. Le anteprime del rapporto Svimez sono trasparenti e proiettano l’allarme circa i prossimi anni.
La pandemia da Covid-19, la guerra in Ucraina, la dilaniante crisi economica e la conseguente inflazione, rappresentano delle piaghe di critica portata per il Mezzogiorno d’Italia.
Il testo della nota di anticipazione: “La guerra ha riportato l’inflazione a livelli sconosciuti a quasi due generazioni, con costi di produzione e prezzi alle stelle, nuovi rischi operativi per le imprese più esposte all’indebitamento esterno e erosione del potere d’acquisto per le fasce più deboli della popolazione”. Ma la questione è che “le nuove turbolenze compromettono la ripresa soprattutto al Sud, dove la SVIMEZ prevede un picco di inflazione nel 2022 dell’8,4% contro il 7,8% nel Centro Nord. Con tensioni sul fronte dei costi dell’energia più accentuate per le imprese meridionali”.
Il rapporto di Svimez
Il problema non riguarda solo l’inflazione, ma soprattutto la ripresa, che era iniziata dopo il crollo del Pil nel 2020, a causa del Covid-19: “A differenza delle passate crisi, il Mezzogiorno ha tuttavia partecipato alla ripartenza, con il contributo delle misure di sostegno ai redditi delle famiglie, che hanno favorito la ripresa dei consumi, e dell’intonazione espansiva della politica di bilancio. Ma le prospettive di ripresa sono state pregiudicate dai tragici eventi dell’invasione russa dell’Ucraina”.
“Nel 2022, il Pil italiano dovrebbe crescere del 3,4%, in maniera più accentuata al Centro-Nord (3,6%) rispetto al Sud (2,8%) nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), il differenziale Nord/Sud dovrebbe attestarsi su 0,8 punti percentuali nel 2023 e 0,6 nel 2024”.